La Montagna (1)
I poveri in spirito e i miti
Questo è il pensiero, l’emozione intima e sofferta di un uomo che è passato dall’ateismo più cruento alla conversione attraverso le parole di un mite che è riuscito a penetrare nel suo intimo e che poi è diventato il suo più sincero parlatore.- Al termine di questo brano, che è suo, del quale non ho cambiato una virgola, vi dirò chi è.- Dopo di che ognuno di noi può decidere di essere, di esistere e di parlare, dare libero sfogo ai propri pensieri.-
Il Discorso della Montagna è il più grande titolo degli uomini all’esistenza.- Alla presenza degli uomini nell’infinito universo.- La nostra giustificazione sufficiente.- La patente della nostra dignità di esseri muniti di anime.- Il pegno che potremo innalzarci sopra noi stessi ed essere più che uomini.- La promessa di questa possibilità suprema, di questa speranza: della nostra ascensione sopra la bestia.-
Se un angelo, sceso tra noi da un mondo superiore, ci chiedesse ciò che abbiamo di meglio nelle nostre case e di più alto prezzo, la prova della nostra certezza, il capo d’opera dello spirito nell’estremo del suo potere, non lo porteremmo dinanzi alle grandi macchine unte, ai prodigi meccanici di cui meniamo stoltamente vanto mentre hanno fatto la vita più affannosa, più schiava, più corta - e che sono al servizio di bisogni e superfluità materiali- ma gli offriremmo il Discorso della Montagna e dopo, soltanto dopo, qualche centinaio di pagine scelte fra i poeti di tutti i popoli.-
Il Discorso resterebbe unico, come un diamante rifulgente in mezzo alla colorata miseria di altre gemme e zaffiri.-
Chi l’ha letto una volta e non ha sentito, almeno in quel breve momento della lettura, un brivido di riconoscente tenerezza, un principio di pianto in fondo alla ola, uno struggimento d’amore e di rimorso, un bisogno confuso ma pungente di fare qualcosa perché quelle parole non siano soltanto parole, perché quel Discorso non sia soltanto suono e segno, ma speranza imminente, vita viva per in tutti i vivi, verità per sempre e per tutti, - chi l’ha letto una volta sola e non ha provato tutto questo, non c’è nessuno più di lui che meriti il nostro amore perché tutto l’amore degli uomini non potrà mai ripagarlo di quel che ha perduto.-
……………Gesù sedeva sopra un’altura che soltanto l’iperbole dei memorialisti chiamò Montagna, ma in vero un poggiolino, in mezzo ai primi apostoli, accerchiato da centinaia di occhi che guardavano i suoi occhi, e qualcuno gli chiese a chi sarebbe toccato Il Regno dei Cieli di cui tanto, spesso, parlava.-
Gesù rispose colle Nove Beatitudini che sono come il peristilio “di fulgido fulgore” di tutto il Discorso.- Le Beatitudini, spesso sillabate anche oggi da quelli stessi che ne hanno perduto il senso, sono quasi sempre fraintese,.-
Amputate, mutilate, contaminate, deformate, avvilite, guaste, distorte.- Eppure compendiano la prima giornata, quella festante, dell’insegnamento di Gesù.-
“Beati i poveri in spirito perché di questi è il Regno dei Cieli” .- Luca lasciò le parole “in spirito” e intese i poveri senz’altro e dietro di lui molti; qualcuno, moderno e maligno, i semplici, gli sciocchi, i beoti, .- C’è da scegliere, insomma, tra gli spiantati e gli imbecilli.- Gesù non pensava, quel momento, né agli uni né agli altri:- Gesù non voleva bene ai ricchi e detestava con tutta l’anima l’ingordigia della ricchezza, inciampo massimo al vero arricchimento dell’anima; Gesù voleva bene ai poveri e li teneva vicini perché hanno più bisogno di essere riscaldati e parlava a loro perché hanno maggior necessità d’essere sfamati con parole d’amore più che di pane; ma non era così stolto da pensare che bastasse esser poveri- materialmente, socialmente poveri – per avere senz’altro diritto al godimento del Regno.-
Gesù non ha mai dato segno d’ammirare quell’intelligenza che è soltanto gioco d’astratti e memoria di frasi; i puri sistematici e metafisici, i sofisti, i frugatori della natura, i mangiatori di libri non avrebbero trovato grazia ai suoi occhi.- ma l’intelligenza, la potenza d’intendere i segni dell’avvenire e il senso dei simboli era un dono anche ai suoi occhi e più volte si rammaricò che tanta poca ne mostrassero i suoi uditori e i suoi discepoli.- L’intelligenza suprema, per lui , consisteva nel capire che l’intelligenza sola non basta , che tutta l’anima va cambiata per ottenere la felicità – perché la felicità non è un sogno assurdo ma eternamente possibile e a portata di mano di tutti – ma che l’intelligenza deve aiutarci in questa totale tramutazione.- Non poteva chiamare, quindi, alla fruizione del Regno, i balordi irridenti e gli scimuniti che sempre ridono.-
Poveri in spirito son quelli che hanno piena e dolorosa coscienza della loro povertà spirituale, dell’imperfezione dell’anima propria, della scarsità di bene che è in ognuno che è in tutti noi, dell’indigenza morale in cui giacciono i più.- Solamente i poveri che conoscono d’essere poveri per davvero soffrono della loro povertà e, perché ne soffrono, si sforzano di uscirne.- Diverso, e quanto, dai falsi ricchi, degli orgogliosi che si credono ricchi di spirito, cioè compiuti e perfettibili, in regola con tutti, in grazia d’Iddio e degli uomini, e non sentono la bramosia di salire perché si illudono di essere in alto e non arricchiranno mai perché non si accorgono della loro insondabile miseria.-
Quelli, dunque, che si confesseranno poveri e soffriranno quella vera ricchezza che è la perfezione, diventeranno santi come Dio è santo e di loro sarà il regno dei Cieli;m quelli, invece, che non sentiranno il puzzo della lordura ammassata sotto la vanagloria, non entreranno nel Regno dei Cieli.-
“Beati i miti perché erediteranno la terra”.- La terra qui promessa non è campo di zolle né le monarchie con le città fabbricate.- Nel linguaggio messianico “ereditare la terra” significa partecipare al nuovo Regno.- Il soldato che combatte per la terra terrestre ha bisogno d’essere feroce.-
Ma colui che combatte, in se stesso, per la conquista della nuova terra e del nuovo cielo, non deve abbandonarsi alla rabbia, consigliatrice di male, né alla crudeltà, negazione dell’amore.- I mansueti son quelli che sopportano la vicinanza dei cattivi e anche la propria, spesso più ingrata; che non si rivoltano ai cattivi ma li vincono con la dolcezza; e non imbestialiscono alla prima contrarietà ma vincono l’interno avversario con quella placida ostinazione che manifesta più forza d’animo dei furori sterili e subitanei.- Sono simili all’acqua, che è dolce alla mano e dà posto a tutti, ma lentamente sale, silenziosamente invade sì che pacatamente consuma, con la pazienza degli anni, i più robusti macigni.-
Nota: Per ora mi fermo qui.- Per dare a tutti il tempo di leggere e di riflettere.- Seguirà tutto il resto del Discorso della Montagna, vissuto (non letto) da un uomo redento per davvero.- Al termine vi scriverò ciò che ha provato lui prima di accingersi ad iniziare quest’opera, la sua esperienza personale: come lui ha “visto” Cristo scoprendo come Cristo ha visto lui e come vede ancora oggi tutti noi.-
25/09/2012 rm/46