Quel buon parroco che criticò la scuola
Mi è capitato di ascoltare alla radio, qualche giorno fa, un dibattito sulla scuola (argomento che a me sta molto a cuore) durante il quale il giornalista e scrittore Marcello Veneziani, sventatamente, ha tirato in ballo Don Lorenzo Milani, convinto di poter continuare a dibattere pacatamente di un argomento che riguarda migliaia di famiglie italiane e dei loro figli: apriti cielo! Si è scatenato un autentico uragano tra gli ospiti, a maggioranza “milanisti”.- Perdonatemi l’aggettivo, ma non ne trovo altri per definire le persone che si sono scatenate per definire il personaggio che, a mio modesto parere, appare ancora oggi dubbio, poco credibile e, soprattutto, poco cristiano trattandosi di un prete.- Anche perché quella scuola che lui voleva criticare (e ci è riuscito in gran parte) a me ha dato tanto.-
Tra i tifosi “milanisti” c’era un certo Prof. Isidoro Mortellaro che insegna all’Università di Bari il quale dichiarava di conoscere a memoria il testo sacro di don Milani (“Lettera a una Professoressa") negò, in quella trasmissione, qualsiasi riferimento contro la scuola selettiva.- Poiché ho letto il testo di cui sopra, allora mi sono detto che forse ho letto qualcosa d’altro oppure che non so più leggere.-
Colpito da tanta tifoseria “milanista”, così sicura di sé, torno alle fonti.- Don Milani scrive, a proposito di “ selezione suicida”: “Una scuola che seleziona uccide la cultura” (pag. 105); “la selezione è un peccato contro Dio e contro gli uomini” (pag. 106) e “il frutto della selezione è un frutto acerbo che non matura mai” (ib).- A questo punto o l’esimio prof. Mortellaro ignora il testo che cita e che dice di conoscere a memoria, oppure è in malafede (e tutti gli altri tifosi con lui) e conta sull’ignoranza degli ascoltatori.- Propendo per una soluzione buonista e morbida: la tifoseria (perché di questo si tratta) è una malattia che non ti fa vedere la verità e la realtà, una specie d’invasamento ideologico - fideista.-
Direte: ma che c’importa di questa disputa professorale su un testo di più di 40 fa? Vorrei tanto darvi ragione ma , purtroppo, la realtà è che Don Milani è l’idolo di molti insegnanti di oggi.-.- D’altro canto, fatta qualche rarissima eccezione, per giustificare certe loro (gravi) defaillance culturali che inevitabilmente ricadono sui nostri ragazzi, contro qualcuno devono pur prendersela…- Fatto sta che pochi di costoro si preoccupano di correggere l’uso del congiuntivo o del condizionale, visto che nelle nostre Università, per portare a termine le Tesi di Laurea, varie Facoltà hanno istituito corsi veloci di grammatica e sintassi.- Ci sarà pure un motivo, no?
Della politica qui non mi curo; ma della mia cara scuola si, eccome.- E rileggendo il testo di Don Milani mi sono detto più volte: quanto male hanno fatto queste parole, pronunciate sicuramente in buona fede da un generoso utopista, alla scuola italiana in generale? - Non solo quelle contro la selezione e le bocciature, che partiva dall’idea che ogni selezione fosse classista; non accorgendosi che non premiando il meritevole e il più capace, alla fine azzeri la scuola e lasci i ragazzi in balia della fortuna o della raccomandazione o di un “padrino” qualsiasi assiso su qualche poltrona locale e che, a sua volta, non sa leggere e scrivere.-
E i più fortunati, in assenza di meritocrazia, sono proprio i cosiddetti “figli di papà” i più abbienti, quelli che dispongono di più mezzi, più conoscenze, più aiuti.- La meritocrazia è l’unica arma a disposizione di chi non ha protettori.- Ma quanto male hanno fatto le sue tirate contro la cultura, la filosofia, la pedagogia, la letteratura, i classici e Dante, la sua idea di ridurre i libri ad uno solo da leggere collettivamente? Quanto male ha fatto alla scuola il suo disprezzo verso i professori, verso la cattedra, i voti e i registri, il suo auspicio di un sindacato genitori, la sua scuola assembleare fondata sul presente e sull’utile immediato?
Scrivendo poi che “la cultura vera, quella che ancora non ha posseduto nessun uomo, è fatta di due cose: appartenere alla massa e possedere la parola” (pag. 105) quanti parolai ha incoraggiato? E per non parlare del disprezzo dichiarato verso gli studenti meritevoli che studiano, liquidati come “arrivisti” (pagg. 96, 117).- Quanto male ha potuto fare in menti bacate l’esortazione a riprendere la lotta armata in tempo di pace, libertà e democrazia (se la sapesse tutta, pover’uomo, riprenderebbe il mitra..pag. 63) ? Il mito egualitario e l’attacco a un preside e ai suoi professori per una frase di solo buon senso come: “ La Costituzione purtroppo non può garantire uguale sviluppo mentale, uguale attitudine allo studio (pag. 61).-
Curioso questo don Milani revisionista contro l’idea che esista nella Storia il Male Assoluto.- Vogliamo, insomma, riconoscere che don Milani, in buona fede, fu un cattivo maestro del ’68, “un maestro improvvisato e sbagliato” come argomentava Roberto Berardi nel suo libro (Lettera a una professoressa.- Un mito degli anni sessanta) che armò di arroganza tanta ignoranza?
E che l’involontario effetto del “milanismo” fu, come scrisse Sebastiano Vassalli su la Repubblica del 4 luglio 1992, la fuga dalle scuole pubbliche in quelle private, perché don Milani cominciò a buttare via i libri.- Vassalli, “poveraccio figlio di poveracci” (sono parole sue, di Vassalli) riteneva “una mascalzonata” il libro di don Lorenzo, “con i buoni da una parte e i cattivi tutti dall’altra” e il linciaggio morale dei professori di allora.- Avete tutto il diritto di criticare questo scritto e questa “lettura” personale su don Milani, ma non di negare la realtà e accusare Veneziani di aver falsificato un testo, giacché il giornalista si era limitato a citare dei brani a memoria.-
Se la scuola oggi fa pena, e il panorama è uno sconsolante pattume con pochi, rari, ragazzi preparati non sarebbe più opportuno fare un po’ di autocritica estesa a quei miti che miti non sono, anziché giocare alle tre carte e far sparire quelle che fanno perdere?.-
La verità è che don Milani, nel generoso e disinteressato tentativo di eliminare un’ingiustizia, ha ottenuto proprio il malefico risultato che voleva evitare: l’odio di classe e tra le classi.- Non ha compiuto nessun tentativo di comprendere che un ragazzo figlio di ricchi non ha colpa se i suoi genitori sono ricchi e si possono permettere di farlo studiare fino alla laurea, casomai, uscendone un autentico somaro.- Ma neanche il ragazzo figlio di contadini o di operai mal messi è colpevole e nemmeno i suoi genitori sono colpevoli.- Don Milani ha guardato solo i rami e le foglie e non ha prestato alcuna attenzione alle radici.-
Per combattere un’ingiustizia ne ha creata un’altra più grave e questi frutti avvelenati li mangiamo ancora oggi.- Avrebbe dovuto, don Milani, preoccuparsi non di mettere gli uni contro gli altri, bensì cercare di incoraggiare i più meritevoli e capaci tra i più socialmente sfortunati e portarli là dove meritavano di essere: a scuola, a studiare.- A studiare ed emergere per se stessi, per la società e per la Chiesa.- Non ha formato cristiani, ma giovani rancorosi e pieni di rivalsa verso una società e uno Stato patrigno e mal fatto nel quale si sono trovati, senza colpa, a vivere.- Avrebbe dovuto lottare per i più meritevoli e non si capisce questa ricerca di un egualitarismo culturale che è un’assurdità.-
Avrebbe dovuto mettersi sulla scia di altri suoi santi predecessori come Don Nicola Mazza, veronese, l’uomo di Dio che ha formato altri uomini come Daniele Comboni, oggi santo.- Avrebbe dovuto aiutare i più meritevoli e capaci proprio perché poveri ad emergere e grazie alle loro attitudini e capacità, a prescindere dalle condizioni sociali ed economiche.- Chi ha detto che il figlio di un medico è più dotato del figlio di un operaio?.- Questa è stata una fissazione sua, di don Milani, quasi maniacale e ha inculcato in tutti quei giovani l’idea che il ricco, in quanto tale è un nemico.-
Non ha mai voluto accettare il fatto che culturalmente non siamo e non possiamo essere uguali.- Bisognava quindi coltivare talenti naturali e dotati, aiutarli ad uscire dal loro ambiente e farli studiare nell’interesse generale della società.- In una società multiforme e globalizzata come quella contemporanea, il mondo del lavoro se ne infischia se sei figlio di un contadino o di un avvocato di grido: alla società interessa il tuo talento e la tua capacità.- Se il figlio dell’avvocato di grido è un somaro non se lo piglia nessuno e può soltanto campare di rendita.-
Ma il medico capace e preparato, o l’ingegnere, l’avvocato, l’architetto prima o poi emerge.- Naturalmente stiamo parlando di una società aperta all’ingegno e che crede alla meritocrazia e non alla raccomandazione.- Probabilmente non è la nostra perché don Milani ha dato un grosso contributo alla creazione di quella società umana che voleva distruggere.- Per cui i nostri talenti, i nostri cervelli, i nostri migliori ragazzi, continueranno ad andare all’estero, in paesi dove la meritocrazia è l’unico metro di valutazione e dove della raccomandazione se ne infischiano.-
Pescara 14/01/2009
Roberto Matera (Amor Omnia Vincit)