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Miseria del relativismo
 
Ogni uomo è filosofo. Lo è nel senso più pieno e profondo del significato perché cerca la verità e non può vivere senza di essa.
 E’filosofo a motivo degli interrogativi che sorgono dal suo stesso spirito e che reclamano una risposta razionalmente fondata e lo è perché possiede, nativamente, quella facoltà capace di raggiungere l’essere delle cose, che chiamiamo ragione.
Egli sa che solo dalla risposta agli enigmi profondi che trova dentro di sé, può evitare che la vita diventi un fare insensato, un insieme di attività senza meta. Sono le domande che affiorano, a volte, fin dalla più tenera età e attengono l’origine e il destino degli uomini, il senso autentico dell’esistenza personale. Tale problematica apparteneva all’ambito proprio della filosofia che, in tal modo, era una delle attività più nobili e grandi.
Oggi la ricerca filosofica sembra essere frantumata in una miriade di ricerche specialistiche e sembra avere smarrito il compito grandioso che era quello di volgere la ricerca razionale sui problemi fondamentali dell’essere e dell’uomo.
Ancora Kant affermava che tutta la sua opera era stato il tentativo di dare una risposta alle seguenti domande:
cosa posso sapere? ( fin dove si estende la conoscenza umana)
cosa devo fare? ( il sistema dei valori e quindi cosa fare della propria vita)
cosa possa sperare? ( cosa posso ragionevolmente aspettarmi qui e in un’altra vita)
Domande che possono essere compendiate in quella che le riassume : cosa è l’uomo?
 
Sono le domande che, formulate in forme diverse, sono presenti in ogni tempo, fin dove risale la nostra conoscenza della storia. Nelle letterature più antiche è possibile rintracciare l’inquietudine e la meraviglia di fronte a ciò che esiste e che chiede una risposta di senso.
Tali domande sono oggi pressoché ignorate e spesso considerate prive di senso, la filosofia ha rinunciato ad occuparsene e tale rinuncia è determinata dalla sfiducia nella ragione di conoscere la verità. Il relativismo e lo scetticismo, hanno fatto la loro comparsa nella storia della filosofia e l’hanno accompagnata fin dagli inizi, ma mai come nel nostro tempo, essi sono così affermati, che quasi occorre partire da essi prima ancora di iniziare a pensare e parlare. Si ritrovano in tutti i discorsi, sono penetrati dappertutto, anche in ambienti ecclesiastici e nelle università pontificie; si scrivono libri per denunciare il volto dogmatico e autoritario della Chiesa, libri in cui gli autori negano che esista la verità, negando quindi la validità di ciò che vanno scrivendo: essi non sanno nulla e insegnano che nessuno deve sapere qualcosa.
Come preconizzava Husserl all’inizio del secolo scorso, la civiltà occidentale sta soccombendo sotto il diluvio scettico.
Si assiste allo spettacolo, apparentemente paradossale, in cui l’uomo occidentale, dopo aver esaltato e idolatrato la ragione  e avere rifiutato tutto ciò che non era un suo prodotto, dopo avere condotto davanti al suo tribunale  tutta la storia umana, considerandola in gran parte spazzatura, non crede più a nulla. Nonostante le scoperte straordinarie nel campo della scienza e della tecnica, quando esce dalla sfera della conoscenza sperimentale e si rivolge ai grandi temi della verità, della libertà, della morale, l’uomo nega di possedere la capacità di andare oltre il dato sperimentale, di possedere la capacità metafisica. Questa rassegnazione svuota l’esistenza dei contenuti più preziosi.
Di fronte ai problemi fondamentali vi è una accettazione indifferente di ogni opinione nel nome di una tolleranza, che sembra sia l’unico valore sopravvissuto.
 
L’uomo non crede più nella verità e alla possibilità che ha la ragione naturale di conoscerla e questo rappresenta un’autentica tragedia per l’umanità.
 
Basti pensare alle conseguenze che derivano e sono derivate dal fatto che non vi é più una verità sull’uomo, una antropologia corretta, e come questo ha portato a teorizzare e realizzare forme di organizzazione dello stato e della società in contrasto con le esigenze più elementari della natura umana.
Basti pensare, come esempio, alla pretesa di sostituire la verità oggettiva con le decisioni della maggioranze parlamentari, le quali, decidono, o possono decidere, di volta in volta, ciò che è giusto, ciò che è buono, ciò che è bello. In tal modo però la stessa democrazia è minacciata dall’interno, poiché un domani una maggioranza potrebbe legittimamente abolire lo stesso sistema maggioritario, o decidere che la tolleranza non è più un valore, che vi sono troppe persone anziane e malati; la dignità della persona viene a dipendere dal consenso della maggioranza.
 
Come si è giunti a questa situazione?
Indubbiamente nell’epoca della democrazia e della libera circolazione delle idee, tutte le convinzioni hanno cittadinanza e sembrano possedere pari dignità. Dal rispetto sacrosanto per la dignità delle persone, si è passati al rispetto di ogni opinione, anche la più stravagante; l’uguaglianza delle persone ha portato all’uguaglianza delle opinioni. La molteplicità dei punti di vista sembra mostrare che ognuno ha la sua verità( relativismo).  Inoltre il mondo richiede un impegno e un’attività che precedono la ricerca consapevole, per cui, molte volte si vive completamente assorbiti dal fare, in una sorta di stordimento.
Le cause sono molteplici. Ma pare esservene una, profonda, che nasce, per così dire, dalla stessa pretesa umana dell’autosufficienza e che conduce ad uno scetticismo radicale.
 
 
L’uomo, nel momento in cui si pone al centro dell’universo, escludendo Dio, deve trovare in sé stesso l’origine di ogni cosa e quindi anche il fondamento assoluto che sorregge la sua capacità di conoscere il vero, ma non lo trova ( sarebbe interessante analizzare quello stato di follia circolare in cui pare precipitare il pensiero).
 La ragione non riesce a giustificare se stessa.
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La fede e la ragione sono come le due ali con
le quali lo spirito umano s’innalza verso la con-
templazione della verità. E’ Dio ad aver posto nel
cuore dell’uomo il desiderio di conoscere la verità
e, in definitiva, di conoscere Lui perché, conoscen-
dolo e amandolo, possa giungere anche alla piena
verità su se stesso.
 
Questa stupenda immagine suggestiva che Giovanni Paolo II ha posto agli inizi della sua grande enciclica Fides et Ratio, contiene una fonte inesauribile di indicazioni per la riflessione.
Nessun antagonismo tra fede e ragione, ma aiuto reciproco e necessario.
La fede e la ragione sono due ali. Con una sola ala non è possibile volare. La fede, dunque, senza la ragione non è possibile, la ragione senza la fede non è possibile.
L’una è compresa nell’altra.
Le conseguenze sono di enorme portata: nessun contrasto con la ragione, nessun contrasto possibile con la scienza ( in questa circostanza non si può dire di più)
 Certo, la fede non è il termine di una ricerca filosofica, essa è un dono dall’alto il cui contenuto supera infinitamente le possibilità della ragione; essa viene accolta nella libertà per opera della Grazia.
 
Quello che però è più importante per le nostre considerazioni è la constatazione che la ragione non può sussistere senza la fede, essa non può spiccare il volo verso la verità, nessuna verità, neanche quella scientifica. Non può svolgere il suo compito razionale.
Ritroviamo qui le radici del relativismo, dello scetticismo e della filosofia del nulla ( nichilismo) di cui molti si compiacciono e che solo la fede può superare. La negazione di Dio comporta la negazione del fondamento e lo sprofondare nelle sabbie mobili del dubbio.
La fede presenta la ragione come un dono ricevuto per conoscere, la verità ( anche se imperfettamente) ; in tal modo la ragione riceve quella fiducia in se stessa che da sola non può avere.
La filosofia come ricerca razionale della verità ha bisogno di ritrovare la fede.
La filosofia ha bisogno di una nuova evangelizzazione.
Chi annuncia il vangelo, nelle forme che il Signore vuole, svolge un servizio alla verità e in tal modo, offre agli uomini la difesa contro il relativismo e lo scetticismo e aiuta, indirettamente, la ricerca filosofica.
La prima forma di evangelizzazione è la testimonianza e i più grandi testimoni sono i martiri cristiani; in tal modo, i più piccoli ( secondo il vangelo) sono coloro che mostrando la verità nella loro vita, scrivono, in un certo senso, le pagine più belle della storia della filosofia.
Citiamo ancora il Pontefice: “il martire è il più genuino testimone della verità dell’esistenza. Egli sa di avere trovato nell’incontro con Gesù Cristo la verità sulla sua vita… si scopre in essi l’evidenza di un amore che non ha bisogno di lunghe argomentazioni per essere convincente, dal momento che parla ad ognuno di ciò che egli nel profondo già percepisce come vero e ricercato da tanto tempo..”.
15 ottobre 2007
Carlo M.
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