CARISMI E CRITERI DI ECCLESIALITA'
di Angelo Venturini
Desidero iniziare questo mio intervento con le parole che uno dei più grandi profeti del nostro tempo, papa Paolo VI, ci ha rivolto in San Pietro il giorno di Pentecoste del 1975 in occasione dei Congresso mondiale del Rinnovamento. Il Papa ci ha detto: « Dove entra lo Spirito noi siamo subito attenti, subito attenti, subito felici di salutare la venuta dello Spirito Santo; anzi noi Lo invitiamo, noi Lo preghiamo per questa sua presenza in mezzo al popolo cristiano. Noi Lo vogliamo, Lo onoriamo, Lo amiamo e Lo invochiamo; e voi con la vostra devozione, il vostro fervore, volete vivere dello Spirito. Questo deve essere il Rinnovamento. Deve ringiovanire il mondo, deve ridare una spiritualità, un'anima, un pensiero religioso al mondo, deve riaprire le sue labbra chiuse alla preghiera e aprire al canto, alla gioia, all'inno, alla testimonianza, e sarà veramente una grande fortuna per il nostro tempo, per i nostri fratelli, che ci sia tutta una generazione, la vostra generazione, che grida al mondo le glorie e le grandezze di Dio nella Pentecoste».
Proseguendo nel suo discorso Paolo VI ha detto: «Nell'inno di S. Ambrogio che abbiamo letto questa mattina nel breviario, c'è questa espressione: laeti bibamus sobriam profusionern spiritus. Laeti, cioè, con letizia; bibamus, assorbiamo; sobriam, cioè una ben identificata, ben misurata; profusionem spiritus, effusione dello Spirito. Può essere una formula che stampa sopra il vostro movimento un programma e una approvazione al movimento stesso. Oggi, o si vive con devozione, con profondità, con energia e con gioia la propria fede o la fede si spegne».
Come sono attuali le parole di Papa Paolo VI! In esse c'è tutta la sapienza e la trepida attenzione della Chiesa, madre e maestra, che vede con gioiosa speranza, il sorgere di un'alba nuova, presagio di un rinnovamento tanto atteso.
E ci sono le direttive del discernimento spirituale che, nel delicato ambito dell'azione dello Spirito Santo, affondano le loro radici nelle indicazioni lasciate dall'apostolo Paolo alla Chiesa delle origini e confermate in seguito dal Magistero della Chiesa.
Il Concilio Vaticano li ha riscoperto e approfondito il concetto di carisma, che viene così riportato alla sua concezione autentica. I carismi vengono donati ad ogni credente per l'edificazione della comunità cristiana. Ciascuno deve contribuire alla diffusione dei Vangelo secondo il suo carisma, le sue possibilità e il suo ministero.
La struttura della Chiesa, che crea ordine e dà a ciascun fedele il suo posto, è quella gerarchica e carismatica. Il posto che ciascuno dovrebbe occupare nella comunità dovrebbe essere stabilito dal dono che possiede, se ciò avvenisse previo discernimento da parte dei pastori.
Conseguentemente, anche nei nostri gruppi i diversi servizi dovrebbero essere affidati, previo discernimento, alle persone che risulta abbiano il carisma corrispondente, non genericamente a persone animate dalla sola buona volontà.
Il Concilio Vaticano II°, nel n. 4 della Lumen Gentium ha detto che lo Spirito Santo guida la Chiesa e la unifica nella comunione e nel ministero, la provvede e dirige con diversi doni gerarchici e carismatici. Ma gli aspetti gerarchico e carismatico non vanno considerati come due entità diverse, perché costituiscono l'unica struttura fondamentale della Chiesa.
Infatti, nella Nota pastorale della Commissione episcopale per il laicato al n. 23 è detto: «In linea di principio, non può esserci opposizione tra istituzione e carisma. la Chiesa è un'unica e complessa realtà, inscindibilmente gerarchica e carismatica, visibile e spirituale. Proprio perché nella Chiesa la comunione non può mai essere dissociata dal sacramento».
I carismi in Lumen gentium
Ed ora esaminiamo brevemente i punti salienti dei documenti del Concilio Vaticano II° riguardanti i carismi, che i Padri conciliari, sotto l'influsso dello Spirito Santo, hanno approvato.
La Costituzione dogmatica sulla Chiesa Lumen Gentium che, come ben sapete, è un documento così importante per la Chiesa da essere norma di comportamento per la sua azione pastorale, al n. 12 recita: «... Lo Spirito Santo non si limita a santificare e a guidare il popolo di Dio per mezzo dei Sacramenti e dei ministeri e ad adornarlo di virtù, ma "distribuendo a ciascuno i propri doni come piace a lui" (1 Cor 12,11 ) dispensa pure fra i fedeli di ogni ordine grazie speciali, con le quali li rende adatti e pronti ad assumersi vari incarichi e uffici utili al rinnovamento e alla maggiore espansione della Chiesa, poiché "A ciascuno è data la manifestazione dello Spirito perché torni a comune vantaggio" (1 Cor 12, 7). E questi carismi, dai più straordinari a quelli più semplici e più largamente diffusi, siccome sono soprattutto adatti alle necessità della Chiesa e destinati a rispondervi, vanno accolti con gratitudine e consolazione. Non bisogna però chiedere imprudentemente i doni straordinari, né sperare da essi, con presunzione, i frutti del lavoro apostolico. Il giudizio sulla loro genuinità e sul loro uso ordinato appartiene a coloro che detengono l'autorità nella Chiesa; ad essi spetta soprattutto di non estinguere lo Spirito, ma di esaminare tutto e ritenere ciò che è buono».
I carismi nella Christifideles laíci
Gli stessi contenuti li troviamo ribaditi nei decreti conciliari sull'Apostolato dei laici (n. 3) e sul Ministero e vita sacerdotale (n. 9).
Oltre vent'anni dopo la chiusura dei Concilio Vaticano II, l'Esortazione apostolica postsinodale del 1988, Christifideles Laici di Giovanni Paolo II°, al n. 24 ribadisce e approfondisce la realtà dei carismi: «I carismi vanno accolti con gratitudine: da parte di chi li riceve, ma anche da parte di tutti nella Chiesa. Sono, infatti, una singolare ricchezza di grazia per la vitalità apostolica e per la santità dell'intero corpo di Cristo: purché siano doni che derivino veramente dallo Spirito e vengano esercitati in piena conformità agli impulsi autentici dello Spirito. "In tal senso, si rende necessario il discernimento dei carismi".
In realtà, come hanno detto i Padri Sinodali, «L'azione dello Spirito Santo, che soffia dove vuole, non è sempre facile da riconoscere e da accogliere. Sappiamo che Dio agisce in tutti i fedeli cristiani che siamo coscienti dei benefici che vengono dai carismi sia per i singoli sia per tutta la comunità cristiana. Tuttavia, siamo anche coscienti della potenza del peccato e dei suoi sforzi per turbare e per confondere la vita dei fedeli e della comunità».
Per questo nessun carisma dispensa dal riferimento e dalla sottomissione ai pastori della Chiesa.
In merito al discernimento, la Nota Pastorale della Commissione Episcopale per il laicato ai nn. 46 e 47 dice: «Discernere e riconoscere nelle realtà aggregative il segno del soffio dello Spirito, che arricchisce la Chiesa con doni sempre nuovi, è compito che spetta anzitutto ai Pastori. La prima responsabilità è dei Vescovi, ai quali è affidato il ministero del discernimento circa la genuina natura e l'uso ordinato dei carismi. [ ... il discernimento ha come oggetto la vita della realtà aggregativa in quanto tale e la sua capacità di apertura, disponibilità e partecipazione alla vita della Chiesa particolare. [ ... ] Potrebbe accadere, tuttavia, che in una aggregazione venga ad appannarsi e ad oscurarsi la fedeltà ai valori ecclesiali. In tal caso, il Vescovo ha il dovere di vigilanza e di ammonizione. Associato al ministero del Vescovo è quello dei presbiteri. Anche ad essi, in quanto necessari collaboratori dei Vescovo e formanti con lui, che ne è il capo, un unico Presbiterio, competono la scoperta dei carismi, ministeri, uffici, vocazioni e forme di vita; il giudizio circa la loro autenticità, da offrire al Vescovo».
Il discernimento dei nostri Pastori, ultimo riferimento dopo il discernimento che devono fare i Pastorali dei gruppi e i membri dei Comitati regionali, è quello indicato dall'apostolo Paolo nella lettera agli Efesini, al cap. 4, versetti 15 e 16: «Cerchiamo di crescere in ogni cosa verso di lui, che è il capo Cristo, dal quale tutto il corpo , ben compaginato e connesso, mediante la collaborazione di ogni giuntura, secondo l'energia propria di ogni membro, riceve forza per crescere in modo da edificare se stesso nella carità».
I cinque criteri del corretto discernimento
Da questi versetti emergono cinque criteri ecclesiali per un corretto discernimento nell'uso dei carismi.
- Il primo criterio lo desumiamo dalle parole: «Cerchiamo di crescere in ogni cosa verso di lui, che è il capo, Cristo».
Se i responsabili non aiutano i fratelli a porre ai centro dei loro cammino spirituale Cristo e l'amore vicendevole, l'esercizio dei loro carismi non può produrre i frutti dello Spirito che sono amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza e dominio di sé. Purtroppo, in non pochi casi, abbiamo constatato che fratelli dotati di carismi straordinari hanno posto se stessi al centro dell'attenzione, anziché Gesù Cristo, con la conseguenza dannosa che ben conosciamo. Dobbiamo portare i fratelli a non fermarsi al carisma, ma a scoprire sempre più il donatore dei doni, cioè Gesù Cristo.
- il secondo criterio scaturisce dalle parole: «Dal quale tutto il corpo ben compagínato e connesso».
San Paolo, scrivendo ai Corinzi (cf. 1 Cor 14, 26b.40), indica tre elementi che ci permettono di vedere se veramente lo Spirito abita, opera e vive in un gruppo o in una comunità. L'Apostolo dice: se c'è ordine, unità e sottomissione, siamo certi che lo Spirito opera nel gruppo o nella comunità e allora tutto il corpo è ben compaginato e connesso.
Se invece nel gruppo esistono le gelosie spirituali perché si ritiene che il carisma del fratello sia più importante del proprio carisma, il corpo non solo non è ben compaginato ma è destinato a perire. Bando alle gelosie perché il carisma del fratello appartiene alla Chiesa e, quindi, è anche mio perché io faccio parte della Chiesa, Noi tutti dobbiamo gioire dei carismi dei fratelli perché attraverso di essi la Chiesa si diffonde.
E' solo una valutazione umana, e per nulla spirituale, ritenere più importante un carisma rispetto a un altro carisma, perché per il Signore tutti i carismi hanno la stessa importanza; in caso contrario avremmo un Dio ingiusto perché farebbe delle preferenze.
- Esaminiamo il terzo criterio ecclesiale di discernimento: «Mediante la collaborazione di ogni giuntura».
Queste parole ci richiamano la complementarietà dei carismi. Come è bello vedere in un gruppo o in una comunità, i carismi che interagiscono tra di loro; ad esempio quando chi anima la preghíera trova nei fratelli che animano il canto coloro che interpretano la preghiera con canti profetici che aiutano ulteriormente a lodare il Signore.
- Il quarto criterio si basa sulle parole: «Secondo l'energia propría di ogni membro». Anche san Pietro ricorda: «Chi esercita un ufficio, lo compia con l'energia ricevuta da Dio».
Cosa sia questa "energia" è evidente: è il carisma, la forza particolare che lo Spirito dà a ciascuno. Occorrerà allora discernere se siamo in presenza di veri carismi e, in caso affermativo, occorrerà accogliere e ordinare nei vari servizi tutti i carismi dei fratelli che fanno parte di un gruppo o della comunità.
- Infine, l'ultimo criterio di discernímento lo ricaviamo dalle parole dell'Apostolo quando dice: «Riceve forza per crescere in modo da edificare se stesso nella carità».
Prima di esercitare i carismi dovremmo chiedere al Signore di essere santificati attraverso ì suoi doni spirituali che, come sapete, sono il consiglio, la fortezza, la pietà, il timore di Dio ed altri, perché il nostro esercizio dei carismi sia il meno imperfetto possibile.
Perciò chiediamo sempre umilmente al Signore di essere suoi strumenti, usando i carismi che ci ha
donato nella carità che, mentre irrobustisce e fa fiorire i carismi, fa crescere l'uomo spirituale che è in ciascuno e il piccolo corpo di Cristo che è il gruppo o la comunità.
Essere l'amore nel cuore della Chiesa
Ricordiamo che santa Teresina di Gesù Bambino, non riconoscendosi nell'elenco dei vari carismi indicati da san Paolo in Cor 12, arrivando all'inno alla carità del capitolo 13, esclamava: «Ecco qual è il mio posto: nel cuore della Chiesa, mia madre, io sarò l'amore».
Concludo ripetendo l'esortazione profetica rivolta da Papa PaoloVI° al Rinnovamento nel 1975, come se volesse indicare lo scopo per cui lo Spirito Santo l'ha suscitato nella Chiesa:
«Deve ringiovanire il mondo, deve ridare una spiritualità, un'anima, un pensiero religioso al mondo, deve riaprire le sue labbra chiuse alla preghiera e aprire al canto, alla gioia, all'inno, alla testimonianza e sarà veramente una grande fortuna per il nostro tempo, per i nostri fratelli, che ci sia tutta una generazione, la vostra generazione che grida al mondo le glorie e le grandezze di Dio nella Pentecoste».
Così sia, per la gloria di Dio e con la collaborazione di tutti noi. Alleluia.Alleluia n° 1 - Anno 2000