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MATRIMONIO IN CRISI?
 
Ogni matrimonio richiede sacrificio
            Se invece gli sposi non sanno far ricorso alla capacità di sacrificio che è inclusa nell'istinto paterno e materno, è più probabile che finiscano, nel migliore dei casi, come persone realizzate a metà, amabili a metà. E non è detto che ciò sia sufficiente perché il matrimonio sopravviva. Fatto sta che il sacrificio è vitale per il matrimonio. In particolare tutto il sacrificio che i figli richiedono ai loro genitori, fin dalla più tenera età, è per natura un fattore finalizzato alla crescita, alla maturazione e all'unione dei coniugi.
            È bene che marito e moglie si sacrifichino l'uno per l'altra; ma è ancora meglio che, insieme, si sacrifichino per i figli. Il sacrificio condiviso è fra i migliori vincoli d'amore.
Quando l'amore è privato delle basi
            Uno degli errori più evidenti, più frequenti e più tristi di tante giovani coppie che si sposano oggi consiste nella decisione di procrastinare la nascita dei figli per alcuni anni (due, tre, cinque). Ne risulta che proprio nel momento in cui la favola bella comincia a dissolversi, quando l'amore si imbatte in difficoltà e ha bisogno di una base, il fondamento principale che la natura aveva pensato (o, meglio, «pianificato») — i figli — non esiste [12].
Una vita egoista non da la felicità
            50 che molte giovani coppie vogliono spassarsela per alcuni anni. Si considerano troppo giovani per adattarsi alla vita di famiglia, e preferiscono combinare quelli che considerano i vantaggi della vita matrimoniale con le attrattive della vita sociale cui sono abituati. Ma si può davvero considerare naturale un simile approccio al matrimonio? Non mira troppo a ciò che il matrimonio offre sotto forma di soddisfazione, e troppo poco a ciò che implica in termini di impegno? Non ci sarà troppo egoismo a due in questa scelta? Alla fin fine «spassarsela» insieme è un ideale abbastanza povero da vivere e di cui partecipare; e certo incapace di cementare nell'amore due persone per tutta la vita.
            Si ha talora l'impressione che molte giovani coppie di oggi progettino un matrimonio in cui la necessità del sacrificio sia ridotta al minimo, o, se possibile, del tutto eliminata. Quel che è triste, di due persone che desiderano un matrimonio senza sacrificio, è che, prima o poi, perderanno il rispetto reciproco che avevano all'inizio.
Quando si è maturi per creare una famiglia?
            Altre coppie sostengono che alcuni anni di vita matrimoniale trascorsi assieme le aiuteranno a maturarsi, e che così si troveranno meglio preparate per cominciare a educare una famiglia.
            Ma c'è da chiedersi che cosa vi sia in questa vita in comune — in cui responsabilità e sacrifici sono ridotti al minimo — che realmente vada maturandoli. Il momento in cui due coniugi sono meglio preparati a cominciare una famiglia è proprio quando si sono appena sposati. L'amore fiducioso e facile che ancora li accompagna in quei primi anni di vita matrimoniale li aiuterà ad affrontare più prontamente e più allegramente i sacrifici che i figli esigono. Quell'amore romantico e idealista rientra nei disegni della natura per rendere più facile il processo mediante il quale una coppia matura nel sacrificio. Più avanti non sarà altrettanto facile ottenerlo, e il tentativo potrebbe risolversi in un insuccesso. Se rimandano i primi figli a più avanti, quando la favola bella sarà finita, l'impegno e il sacrificio richiesti dai figli potranno risultare troppo pesanti, proprio perché non sono maturati abbastanza.
            Se due giovani si innamorano, ma non vogliono formare una famiglia, sarebbe meglio per loro non sposarsi. Hanno troppe probabilità di insuccesso. È come cercare di mettere in moto un'automobile il cui impianto di raffreddamento sia difettoso: magari l'automobile camminerà per un po', ma alla fine il motore si brucerà.
Il più esperto pianificatore familiare
            II nostro sarebbe un mondo piuttosto strano e curioso se la natura non fosse, di fatto, il migliore e più saggio pianificatore familiare. In fatto di pianificazione familiare ha certo la più lunga esperienza. I risultati della programmazione familiare moderna — artificiale e antinaturale — sono fin troppo chiari: sempre più matrimoni che si sgretolano, focolari che si spengono, persone che si isolano.
            Le giovani coppie che sono tentate di credere più ai demografi, ai politici o ai sociologi che alla natura, che si sentono tentate di cedere alle pressioni sociali o al desiderio di una vita facile anziché assecondare il loro istinto di paternità, farebbero bene a chiedersi se davvero sono convinti — guardando l'evidenza dei fatti — che la moderna pianificazione familiare tenda a produrre matrimoni più felici, o se piuttosto il piano della natura non sia più previdente e non offra migliori garanzie per una vita matrimoniale e un amore coniugale più forti e durevoli.
Auto-realizzazione nel matrimonio
            Chi sostiene che il fine principale del matrimonio è il «reciproco arricchimento» degli sposi «nella realizzazione della loro personalità», attraverso «la complementarità del loro reciproco amore», eccetera, dovrebbe essere in grado di dire anche che cosa sono questo arricchimento e questa realizzazione. Probabilmente si intende che il fine del matrimonio è rendere gli sposi umanamente migliori, più maturi [13]. Ma bisogna capirsi sul significato di queste parole: in che cosa consiste la maggiore maturità, l'arricchimento umano? In una maggiore capacità di comprensione e di dedizione? In un maggiore spirito di sacrificio? In un più sviluppato autocontrollo? O piuttosto — dando per scontato che non si voglia sostenere che consiste in una maggiore dipendenza meramente fisica e sessuale — in una maggiore preoccupazione per sé stessi, accompagnata da indifferenza per gli altri?
            Vale la pena di tornare a meditare le parole di Paolo VI: «E prima di tutto amore pienamente umano, vale a dire nello stesso tempo sensibile e spirituale. Non è quindi semplice trasporto di istinto e di sentimento, ma anche e principalmente è atto della volontà libera, destinato a mantenersi e a crescere mediante le gioie e i dolori della vita quotidiana, di modo che gli sposi diventino un cuor solo e un'anima sola, e raggiungano insieme la loro perfezione umana» [14].
Pressioni dittatoriali
            Torniamo all'idea suggerita all'inizio: non è che il matrimonio sia inadatto all'uomo moderno; semmai è l'uomo d'oggi che inquadra male il matrimonio. Ne abusa, e pertanto esso non funziona come dovrebbe.
            Troppo a lungo alcune persone hanno gridato: «Abbiamo il diritto di essere felici nel matrimonio senza dover sopportare i precetti della Chiesa». Cominciamo a sentire un suono amaro di disperazione in quel grido, perché sono proprio quelli che più trascurano le leggi della Chiesa a trovare meno felicità nel matrimonio.
            Oggi vengono imposti molti precetti e indicazioni quasi dittatoriali sul modo di vivere il matrimonio, ma non da parte della Chiesa. Vengono dallo Stato, dai pianificatori sociali, dagli esperti di economia, dagli avvocati, dai fautori di un edonismo che vuole invadere tutto, dai filosofi di un libertinismo nichilista.
            Non sembri strano che tali progetti sul matrimonio — progetti imposti dagli uomini — finiscano per fallire, perché il matrimonio non è un'idea dell'uomo, ma di Dio [15].
            Chiunque, pertanto, ha il diritto di aspettarsi la felicità dal matrimonio, ma solo nel tipo di matrimonio che la natura ha istituito, e solo quando tale matrimonio è vissuto, con la grazia di Dio, in accordo con i suoi disegni e le sue leggi. Non voler rispettare quei disegni e quelle leggi equivale a snaturare ciò che era fatto per aiutare l'uomo a essere felice e salvarsi, per trasformarlo, presto o tardi, in fonte di infelicità e frustrazione.
            Il matrimonio è in crisi e sembra che in molte società «civili» sia in declino. Esistono tuttavia molte eccezioni: tanti matrimoni felici che sono anche focolari luminosi perché i genitori non hanno frustrato i nobili sentimenti di paternità che la natura ha loro dato. Hanno anzi saputo soddisfarli con animo generoso, ricordando che «l'amore coniugale buono aspira alla gloria della fecondità con animo forte. Ma la gloria della fecondità non si trova in una fecondità con il contagocce. È in una fecondità abbondante, che desidera tale abbondanza, e se ha bisogno di motivi, non è per non avere figli, ma per limitare il loro numero»"'. Sono sempre più i coniugi che comprendono la grandezza del piano divino di cui Dio li ha fatti partecipi chiamandoli al matrimonio. E così, rafforzati dalla sua grazia, sanno far fronte ai sacrifici — sacrifici d'amore — di cui l'amore ha bisogno per sopravvivere[17].
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NOTE
[1] Concilio Vaticano II, Cost. Gaudium et spes, n. 50.
[2] «L'uomo non può trovare la vera felicità — alla quale aspira con tutto il suo essere — se non nel rispetto delle leggi iscritte da Dio nella sua natura e che egli deve osservare con intelligenza e amore» (paolo vi, Enc. Humanae vitae, n.31).
[3] Cfr Cost. Gaudium et spes, n. 48.
[4] Colloqui con Monsignor Escrivà, Edizioni Ares, Milano 1987, n. 94.
[5] Cfr Cost. Gaudium et spes, n. 48.
[6] Cfr Enc. Humanae vitae, n. 8.
[7] Cfr ibidem, a. 9.
[8] Jacques Leclercq, Le Marriage chrétien, p. 169.
[9] Ibidem, p. 247.
[10] Ibidem, p. 241.
[11] Ibidem, p. 257.
[12] «Gli sposi devono costruire la loro convivenza su un affetto sincero e limpido e sulla gioia di mettere al mondo i figli che Dio da loro la possibilità di avere, sapendo all'occorrenza rinunciare a comodità personali e avendo fede nella Provvidenza divina» (Josemarìa Escrivà, E Gesù che passa. Edizioni Ares, Milano 1988-, n. 25).
[13] Che il matrimonio debba comportare arricchimento e maturazione dei coniugi è quanto la Chiesa insegna esplicitamente; sempre, com'è ovvio, intendendo tale maturazione come, soprattutto, maturazione nella vita che importa radicalmente: la vita cristiana di grazia e santità. Vengono a proposito le parole pronunciate da Pio XI nell'enciclica Casti connubii: «Una tale vicendevole formazione interna dei coniugi, con l'assiduo studio di perfezionarsi a vicenda in un certo senso verissimo, come insegna il Catechismo Romano (p. II, cap. 8, q. 13), si può dire anche primaria cagione e motivo del matrimonio; purché s'intenda per matrimonio, non già nel senso più stretto l'istituzione ordinata alla retta procreazione ed educazione della prole, ma in senso più largo la comunanza, l'uso e la società di tutta quanta la vita» (n. 9).
[14] Cfr Enc. Humanae vitae, n. 9.
[15] Quella che è stata chiamata la «Magna Carta del matrimonio cristiano», l'Enciclica Casti connubii di Pio XI, comincia l'esposizione della dottrina cristiana sul matrimonio con queste parole: «Resti anzitutto stabilito questo inconcusso e inviolabile fondamento: che il matrimonio non fu istituito ne restaurato dagli uomini, ma da Dio Autore della natura e da Gesù Cristo Redentore della medesima natura fu presidiato di leggi e confermato e nobilitato: le quali leggi perciò non possono andar soggette a verun giudizio umano e a veruna contraria convenzione nemmeno degli stessi coniugi. Questa è la dottrina della Sacra Scrittura, questa la solenne definizione del Concilio Indentino [...]» (n.3).
[16] Jacques Leclercq, op. cit., p. 261.
[17] «Gli sposi cristiani, dunque, docili [alla voce di Cristo], ricordino che la loro vocazione cristiana iniziata col Battesimo si è ulteriormente specificata e rafforzata col sacramento del Matrimonio. Per esso i coniugi sono corroborati e quasi consacrati per l'adempimento fedele dei propri doveri, per l'attuazione della propria vocazione fino alla perfezione e per una testimonianza cristiana loro propria di fronte al mondo. A essi il Signore affida il compito di rendere visibile agli uomini la santità e la soavità della legge che unisce l'amore vicendevole degli sposi con la loro cooperazione all'amore di Dio autore della vita umana» (Enc. Humanae vitae, n. 25).
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