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Pubblichiamo alcuni argomenti relativi al passato del nostro quartiere tratti dai libri "Gioia di vivere a Villa del fuoco"
IL     M A R E
A giugno si incominciava ad andare al mare.........
Circa l’abbigliamento, mia madre asseriva :
 “Aprile, non ti scoprire.....
  Maggio, adagio...adagio.....
  Giugno, apri il pugno.....”
Ciò stava a significare che il mese più caldo della primavera, quando le condizioni meteorologiche erano rispettose delle quattro stagioni, era giugno, che non tradiva, contrariamente a quelli precedenti, le aspettative dei “Fochesi”.
      Giugno era, perciò, il mese che invitava i bagnanti a recarsi alla spiaggia, che, per i Fochesi, era quella di Porta Nuova. C’è sempre stata una certa differenza, forse rivalità, tra le due città : Castellamare o Castellammare e “Piscare” (Pescara Porta Nuova). Se si deve precisare, la spiaggia di Porta Nuova era quella riservata ai pescatori che avevano le loro abitazioni nella parte terminale di viale Ronchi (oggi Vespucci), ai pescaresi abitanti nel centro della città e nella periferia : Villa del Fuoco, Fontanelle,......., ma vi accedevano anche i “Sambucetesi” ed i “Sangiovannesi”.
      Carmine Del Gallo, noto avvocato originario di Sambuceto, negli sporadici incontri, che la stressante vita moderna concede, coglie l’occasione per ricordare i bei tempi del passato e il tragitto del traino o carrozza che ci conduceva al mare. E’ piacevole ripercorrere con la mente tutti i particolari del periodo anteriore al secondo conflitto mondiale che ha messo a dura prova la nostra amata città....Ed io mi faccio avvincere dai ricordi e gli narro qualche storiella .....”Una sera .... tornando dal mare con la carrozza di Belmonte (Umberto Di Blasio), appena giunti sulla Tiburtina, il cavallo si inginocchiò come se volesse pregare......La fantasia popolare attribuiva a certe manifestazioni naturali l’ingerenza di spiriti, streghe, maghi e folletti. Sicuramente allora si sarebbe potuto asserire che il cavallo avesse avuto la visione di un sua divinità e si fosse inginocchiato per adorarla.....Si rimase lì alcuni istanti, in attesa che il cavallo riprendesse la sua andatura.....A poco valevano le esortazioni e....le frustate di Belmonte......Ad osservare bene sulla strada, la Tiburtina era l’unica via della periferia asfaltata, forse dei ragazzi si erano divertiti a fare dei disegni con il carbone, unico mezzo a loro disposizione per potersi esprimere, ed il cavallo li osservava attentamente......Quando finalmente il cavallo si alzò il cocchiere gli chiese : “Volevi leggere ?”
     La Pineta era una località che si differenziava da Pescara anche se ne era parte integrante. Lì vi erano ville e villette abitate, per la maggior parte, da persone benestanti che, durante la stagione propizia, occupavano la spiaggia per la tintarella, i bagni, le remate.....per l’intera giornata. Alcune abitazioni avevano ed hanno l’accesso diretto alla spiaggia.
     La Pineta, come ogni altra località periferica di questa bella e grande città, Pescara, ha una sua identità, un sua storia che andrebbe analizzata, approfondita e ampiamente e adeguatamente descritta.
     In conclusione le spiagge di Pescara vecchia erano essenzialmente due : quella di Porta Nuova, riservata alla maggior parte degli abitanti della città a sud del fiume Pescara e quella della Pineta.
Frequentata da coloro che appartenevano ad un ceto più elevato : proprietari, benestanti, professionisti, nobili......
     La spiaggia di Castellamare era riservata alle famiglie benestanti della parte posta a Nord della Città. Solamente dopo gli anni ’50 e ’60, quando gli effetti di una conquistata, ma non sempre realizzata democrazia, cominciavano a manifestarsi non esistevano più le suddivisioni..........Tuttavia c’erano alcuni stabilimenti balneari che si distinguevano per la scelta dei clienti e continuavano ad operare una certa selezione....
   
     Ma la spiaggia dei Fochesi era quella di Porta Nuova.....Viale Ronchi era la via che conduceva dalle vicinanze del “Mulinetto” all’arenile non molto distante dal Porto Canale....Era fiancheggiata da un doppio filare di pini che ombreggiavano completamente la sede stradale alla base ed erano di conforto ai viandanti ed in particolare ai ragazzi che dovevano raggiungee la spiaggia a piedi o in bicicletta per unirsi alla loro comitiva.
     Come appariva la spiaggia nel periodo anteriore ed immediatamente posteriore al la seconda guerra mondiale ?
     I pescatori avevano avuto dal Governo le loro case ubicate nelle vicinanze della spiaggia....
     Al termine di viale Ronchi e, precisamente alla sinistra di chi guarda il mare, c’era un casolare presso il quale veniva riposto e custodito l’occorrente per allestire le capanne simili a quelle indiane, ma candide, che si spargevano, a seconda delle esigenze vicine o vicinissime alla riva.
La capanna aveva come struttura tre canne (i canneti in quel periodo erano abbondanti nella zona della Madonna del. Fuoco e venivano ampiamente sfruttati per molte attività connesse con l’agricoltura : sostegno per le varie piantagioni, canestri...senza escludere “la cannizzata”, vera e propria opera d’arte che i vari agricoltori erigevano per la recinzione dell’abitato o come confine con i vicini...)...Esse venivano appuntite nella parte di maggiore spessore per meglio essere conficcate nella sabbia e legate tra loro nell’altra estremità. Dopo la loro sistemazione sulla superficie scelta venivano ricoperte da un lenzuolo per i due terzi. La preparazione della capanna richiedeva una certa abilità perché doveva risultare solida...Oltre alla sufficiente penetrazione delle canne nella sabbia, bisognava legare saldamente il lenzuolo alla struttura e ricoprirlo alla base in modo adeguato allo scopo di rendere la capanna resistente al vento e a qualsiasi altro pericolo.
La piramide doveva lasciare la parte anteriore libera per l’accesso, ma con una parte di lenzuolo che potesse all’occorrenza ostruire il passaggio e celare ad occhi indiscreti chi nell’interno dovesse indossare o togliere il costume da bagno. Ricordo, però, che mio padre fu uno dei primi ad acquistare un ombrellone a strisce blu che all’occorrenza poteva essere circondato da una tenda e, per molti anni, ha sostituito la cabina che a Porta Nuova tardava ad apparire....
     La “capanna” o meglio tenda, abitazione di alcuni popoli primitivi o nomadi, era il ricovero
dei bagnanti durante la stagione estiva in cui si rimaneva sulla spiaggia l’intera giornata.
     Ci si portava tutto l’occorrente dalle vivande alle bevande ed ogni altra cosa potesse seere necessaria durante la permanenza sulla spiaggia.
     Come appariva il litorale all’occhio di un osservatore ?
     Tante piramidi bianche alle spalle delle quali c’era un’ampia distesa di cespugli e qua e là qualche timido fiorellino.
      Come si svolgeva la giornata al mare ?
      Tutti i componenti le famiglie si recavano al mare ad eccezione del capofamiglia che, di solito, era impegnato per lavoro.
       La mamma doveva provvedere a tutto. Preparava il pranzo dalla sera precedente o, al massimo, si alzava presto e riempiva un cestino di vimini a forma di parallelepipedo con un coperchio semicilindrico delle vivande preparate e rinchiuse in un portavivande d’alluminio di forma cilindrica che si poteva chiudere ermeticamente. Era simile a quello di mio padre che, essendo ferroviere, spesso era costretto a pranzare in qualche altra città, meta del suo viaggio per servizio, quale capotreno.
       Per secondo faceva generalmente la frittata, perché la mamma allevava i polli e raccoglieva nel pollaio le uova sufficienti per la famiglia e riusciva a metterne alcune da parte per le covate.
       Alcune volte pesce fritto, altre qualche coscia di pollo e raramente l’”arrusticelle”, perché
la carne non si poteva acquistare facilmente ... C’era già gran parte dello stipendio impegnato per il bottegaio (Nicola Trabucco prima e durante la guerra; Tullio e Nicola Camplone dopo) presso il quale si andava a “segnare”. Le famiglie avevano un libretto su cui il negoziante annotava le spese effettuate dai suoi clienti e a fine mese bisognava saldare il conto.
 
     La giornata trascorsa al mare era piacevole. Prima il rito della costruzione della “capanna”, questo è il termine dialettale fochese attribuito alle tende allestite sulla spiaggia....poi si sistemava il cestini delle vivande.... Le bottiglie con le bevande venivano messe in riva al mare in modo da rimanere abbastanza fresche per l’ora del pranzo. Di solito era acqua e raramente gassosa....
Altre bevande, ad eccezione del vino e di qualche liquore fatto in casa, erano sconosciute.
    Bisognava fare il bagno quando l’acqua era calda, ma prima del pranzo....Fare il bagno durante la digestione è nocivo... Si facevano corse, giuochi vari (nascondino, palla prigioniera, tamburelli racchette, guardie e ladri.....), ma le attività più belle erano quelle svolte con l’acqua e con la sabbia oltre a fare le gare con gli aquiloni. C’era spesso qualche artista o scultore che si divertiva a costruire con la sabbia opportunamente lavorata statue, personaggi noti e paesaggi da far rimanere estasiati i passanti. I ragazzi si divertivano a costruire navi ed aerei, le ragazze castelli e giardini con laghi, fiumi e gallerie.
    I ragazzi spesso costruivano una pista più o meno lunga ed accidentata per fare le corse con le palline di terracotta, ma soddisfazione più grande è quella relativa al “gavettino”.
    Se qualche compagno viene colto dal sonno e si assopisce, subito scatta l’operazione “gavettino”.
Si riempiono d’acqua due o tre secchielli e si rovesciano sul malcapitato che si sveglia tutto contrariato.
     La maggiore soddisfazione si aveva quando si riusciva a far cadere qualche compagno o anche degli adulti in una buca piuttosto profonda e ricoperta con carta di giornale sostenuta da steccoline ed occultata in modo adeguato.
     La pretesa di far delle gare con i nostri modellini di barche e motoscafi veniva regolarmente delusa dal fatto che le onde li spingeva a riva arenandoli.
     Ben presto però gli interessi per i giochi tra compagni cambiarono specialmente quando anche quella spiaggia di secondo o terzo ordine cominciò ad essere frequentata da forestieri che prendevano in affitto per la maggior parte della stagione estiva qualche appartamento di viale Ronchi .
      La prima conoscenza fu quella di due sorelline romane che erano in villeggiatura... Doveva essere l’estate del 1946 perche’ io per attaccar bottone cominciai a parlare dell’opera di Manzoni “I PROMESSI SPOSI”.....
      I giochi si continuavano a fare, ma erano basati essenzialmente sui pegni per cercar di coinvolgere maggiormente le ragazze ed in modo particolare le romanine....
     La permanenza nella spiaggia pescarese non si protrasse a lungo, perché gli anni successivi mi recavo alla Pineta, dove avevo due cari amici, i compagni di scuola Carlo e Marcello.
     Marcello era fidanzato con .... Avevamo formato una comitiva ....Le simpatie erano maggiori dei giochi....
     Spesso giocavo a racchette con Marta, la sorella di Marcello...., ma era proibito, perché sulla spiaggia si dava fastidio ai meno giovani che volevano stare tranquilli....
     Una volta una guardia municipale mi fece pagare una multa di cinque lire (somma eccessiva per uno studente), perché , per spavalderia non volli smettere di giocare a racchette : giocavo con Marta e ci tenevo a vincere la gara con le altre coppie....
    Intanto andavo affinando le tecniche organizzative per il tempo libero e i genitori dei componenti la comitiva avevano fiducia in me che mi davano carta bianca... Seguirono feste da ballo presso le varie famiglie più note di Porta Nuova, le gite, le passeggiate, le scampagnate ... Tutti i motivi erano buoni per giustificare l’organizzazione di una festa....
     Gli studi universitari divisero mi divisero dagli amici più cari... Carlo si recò a Pisa e Marcello a Camerino.
     Conobbi altri amici, tra i quali Sandro Di Girolamo e Dante Seta, con i quali giocavo spesso a dama prima e a scacchi poi. Sandro era fidanzato con una Casellamarese e si recava alla Spiaggia di Centrale.
 
Alla prossima puntata.
 
Plinio Pelagatti
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