NON GIUDICATE
( la pagliuzza e la trave)
Gesù, con un fermo imperativo, proibisce ai suoi discepoli (quindi con l’intento di trasmetterlo anche dopo) di giudicarsi l’un l’altro.- “ Non giudicate per non essere giudicati” .- Chi giudica gli altri si ritiene superiore e migliore di loro.- In questo modo si arroga un diritto che non gli appartiene.- Il giudizio appartiene a Dio.-
Nella comunità, qualunque essa sia (la famiglia, il lavoro etc.) ma soprattutto nella comunità cristiana i fratelli (perché Cristo ha chiamato tutti gli uomini “fratelli”) non si affrettano a giudicare e condannare chi pecca, qualunque sia la gravità del peccato.- I fratelli confidano nella grazia di Dio che dà a tutti il tempo necessario per la conversione.- Ma chi giudica mette sempre fretta all’altro per questa conversione che non arriva e non pensa alla propria conversione.- Chi giudica si riserva tutto il tempo che vuole ma l’altro non si converte mai….
Ma che il giudizio spetti a Dio ce lo ricorda l’Apostolo Paolo scrivendo ai Romani: “Ma tu, perché giudichi tuo fratello? E anche tu, perché disprezzi tuo fratello? Tutti, infatti, ci presenteremo davanti al Tribunale di Dio……quindi ciascuno di noi renderà conto a Dio di se stesso.- Cessiamo dunque di giudicarci gli uni gli altri; pensate invece di non essere causa di inciampo o di scandalo al fratello…”
La verità è che la correzione del giusto è rivestita di misericordia e benevolenza, perché corregge e riprende per invitare alla salvezza.- Chi ti corregge con benevolenza ti vuole bene.- Il rimprovero dell’empio e del peccatore è intriso di malevolenza e ti vuole solo ferire con la scusa di correggerti e spesso si vendica.-
Chi osa giudicare non deve mai dimenticare che anche lui comparirà davanti al Tribunale Divino.- E tutti siamo colpevoli e bisognosi di misericordia.- E’ forse difficile, se non impossibile evitare il giudizio, in quanto tale, tra fratelli che vivono in qualche modo insieme.- Scoprire la fragilità degli altri è un invito non al rifiuto o alla condanna, ma a sopportare l’infermità di chi è più debole di te.- E, soprattutto, aiuta a giudicare con misericordia la conoscenza di se stessi.- Chi conosce le proprie debolezze sa comprendere quelle degli altri senza sdegnarsi.- Chi è sceso nelle profondità del proprio essere sa che è vivo per grazia di Dio e allora come non potrà essere comprensivo con i difetti dei suoi simili?...Io me lo chiedo spesso facendo una gran fatica a conoscermi e ad accettarmi per quello che sono.-
La differenza che c’è tra una pagliuzza e una di quelle travi che sostengono il tetto delle case è la stessa che esiste tra il difetto altrui e quello proprio, Ma noi non vediamo il nostro, benché sia grande come una trave, mentre vediamo, invece, quello altrui, anche se è piccolo come una pagliuzza.- Se trasferiamo questo periodo al singolare, forse riesce meglio.-
Quando si giudica è facile usare due pesi e due misure: una per me e l’altra per chi mi sta di fronte.- Sono solito fissare la mia attenzione sulla pagliuzza che è nell’occhio di chi ho preso di mira e, tuttavia, sono cieco nel vedere l’enorme trave che è conficcata nel mio occhio.-
Anche nell’esperienza comunitaria (di qualsiasi tipo) è importante guardare gli altri come specchio della nostra e mia interiorità.- Ciò che inizialmente non vediamo o che io non vedo in me, lo vediamo negli altri.- Ciò che giustifichiamo in noi forse non lo accettiamo negli altri.- Ma in questo modo il giudizio degli altri diventa giudizio su di noi.- In altre parole: chi ha visto la trave immensa che lo acceca e ha sperimentato il perdono e la misericordia di Dio, non avrà nessuna difficoltà a vedere con pietà la pagliuzza del fratello e a perdonarlo.- Tutte queste cose non voglio dirle come piccole perle di saggezza che non possiedo, ma come in una confessione.- E allora vi trascrivo, in breve, ciò che ha detto il nostro grande padre Agostino a proposito della pagliuzza e della trave, della differenza tra giudizio e misericordia.-
“Come per dire: se per caso un tale ha peccato per ira e tu lo rimproveri con odio, quanta è la differenza tra la pagliuzza e una trave, tanta è tra l’ira e l’odio.- L’odio è un’ira inveterata, come se, per l’invecchiamento, abbia preso tanto vigore da potersi chiamare, giustamente, “trave”.- Può anche darsi che ti adiri con una persona, nell’intento di correggerla; ma se tu odi un uomo, non puoi avere la volontà di correggerlo.- Colpire i vizi è proprio dei buoni e dei benevoli.- Ma quando questo lo fanno i cattivi, fanno una parte che non è la loro, come gli “Hipocrites” gli attori, che nascondono sotto una maschera quello che sono e con la maschera quello che non sono.- Col nome di “ipocriti” devi dunque intendere i simulatori.- Questo genere di simulatori è veramente odioso e da evitare con ogni cura, perché, infierendo con odio e livore nell’accusare i vizi, vogliono passare per buoni consiglieri.- Perciò bisogna stare bene attenti ed essere cauti e mossi solo da pietà, quando la necessità ci costringe o a riprendere o a rimproverare qualcuno, considerando se quel vizio non l’abbiamo mai avuto o ce ne siamo liberati.-
E anche se non l’abbiamo mai avuto o non l’abbiamo, ricordiamoci della comune infermità, sicché quel rimprovero, quel biasimo sia preceduto dalla misericordia e non dall’odio.- In tal modo, sia che si ottenga la correzione di colui a cui la rivolgiamo o, al contrario, contribuisca alla sua ostinazione, noi tuttavia possiamo restare tranquilli per la bontà e rettitudine della nostra intenzione.- Se invece, esaminandoci, troveremo di avere quello stesso vizio che ha quel tale che stavamo per riprendere, non rimproveriamolo, ma piuttosto uniamoci al suo dolore e non invitiamolo ad obbedirci, ma cercare insieme la correzione………………..
I rimproveri si devono usare raramente e per gravi ragioni, in modo tale da mirare anche in essi al servizio di Dio, più che a noi stessi.- Dio infatti è il fine: cosicché non facciamo nulla con cuore doppio, rimuovendo dal nostro occhio la trave dell’invidia , della malizia e della doppiezza, per tentare di togliere la pagliuzza dall’occhio del fratello.- .- La vedremo con gli occhi della colomba.- Ma io che predico eseguo forse le cose che predico?.- Fratelli miei, le eseguo se prima le attuassi in me stesso; e le attuo in me stesso se dal Signore ricevo.- Ecco le eseguo: odio i miei vizi, offro il mio cuore al mio medico perché lo risani; gli stessi vizi perseguito, ne gemo, riconosco che sono in me e me ne accuso.-
L’ira è una pagliuzza, l’odio è una trave.- Ma tu alimenta una pagliuzza e diventerà una trave.- Un’ira inveterata diventa odio; un pagliuzza accresciuta diventa una trave.- Affinchè pertanto la pagliuzza non diventi trave non far tramontare il sole sopra la tua ira.- Vedi, ti accorgi che sei divorato dall’odio e pretendi di riprendere chi è semplicemente adirato?...Liberati prima dall’odio e farai bene a rimproverare chi è in preda all’ira.- Costui ha nell’occhio una pagliuzza, ma tu hai una trave.- Se in effetti tu sei pieno di odio, come farai a vedere colui al quale devi togliere la pagliuzza? .- Nel tuo occhio c’è una trave.- E perché nel tuo occhio c’è una trave?.-Perché hai preso alla leggera la pagliuzza che vi era nata: con quella ti addormentasti, con quella ti levasti; la facesti sviluppare nel tuo intimo, la innaffiasti con sospetti infondati.- Credendo alle parole degli adulatori e di coloro che ti riferivano parole cattive sul conto del tuo amico, incrementasti la pagliuzza, non la strappasti via.- Col tuo affetto la facesti diventare trave.- Togli dal tuo occhio questa trave! Non odiare tuo fratello.- Ti spaventi o non ti spaventi? Io ti dico di non odiare e tu rimani tranquillo……e, rispondendo, mi dici: “che significa odiare?....E che male c’è se un uomo odia il suo nemico? Tu odii il tuo fratello! Chi odia è un omicida. – Non ti sei procurato del veleno, non sei uscito di casa con la spada per colpire il tuo nemico, non ti sei procurato l’esecutore del delitto, non hai programmato né il luogo né il tempo.- E, infine, il delitto effettivamente non l’hai compiuto.- Hai solamente odiato.- Eppure hai ucciso: ucciso te prima dell’altro.- Amate dunque la giustizia e non nutrite odio se non contro i vizi.- Quanto alle persone, amate tutti.- Se vi comporterete così e praticherete questa giustizia, preferirete cioè che gli uomini, anche se viziosi, siano piuttosto risanati che non condannati.-
r.m.
Pescara 7 giugno 2010